Martini e Bergoglio: la Chiesa aperta dei due gesuiti.
Intervista al Presidente della Fondazione Martini

Il motto potrebbe essere un principio centrale di Sant'Ignazio di Loyola, «cercare Dio in tutte le cose», sintesi della Chiesa aperta che sta al cuore del pontificato del primo Papa gesuita della storia. Oggi i gesuiti italiani presenteranno a Francesco la «Fondazione Carlo Maria Martini», che nasce a un anno dalla scomparsa del grande biblista: «Il cardinale, nel suo testamento, ha indicato la Provincia d'Italia dei gesuiti quale erede universale del proprio patrimonio, costituito in sostanza dai suoi scritti, e una Fondazione ci è sembrato lo strumento più adatto a proseguire la sua eredità spirituale e intellettuale», spiega padre Carlo Casalone, che era ancora uno studente di Medicina quando a Milano, all'inizio degli anni Ottanta, gli capitò di seguire le letture bibliche dell'arcivescovo in Duomo. Fu allora che cominciò a maturare la decisione di entrare nella Compagnia di Gesù, della quale oggi è superiore italiano.

In questi giorni padre Casalone è a Galloro, nella casa di esercizi spirituali dei Castelli romani dove Martini si ritirò dopo aver lasciato la diocesi ambrosiana. Sul tavolo, la documentazione che mostrerà al Papa. La Fondazione aprirà il sito www.fondazionecarlomariamartini.it, ha sede nel centro milanese della Compagnia, a San Fedele, e si finanzierà con i diritti d'autore del cardinale. Nel Cda, oltre ai gesuiti, anche rappresentanti della diocesi e della famiglia Martini. «Anzitutto costituiremo un archivio che raccolga le opere del cardinale. Sono per lo più "libri che io non ho scritto né letto", come diceva scherzando, parole che però aveva detto e sono state trascritte da altri: omelie, esercizi spirituali, interventi, discorsi. Vogliamo poi raccogliere e classificare quanto è stato scritto su di lui. Così renderemo disponibile il suo patrimonio intellettuale e spirituale a chi lo voglia studiare e approfondire».

La Fondazione, inoltre, «promuoverà gli studi biblici, con un particolare, ma non unico, riferimento al Pontificio Istituto Biblico, di cui padre Martini fu rettore dal 1969 al 1978. Proprio in questa linea, la diocesi di Milano ha già istituito un premio internazionale, che la Fondazione potrà sostenere», prosegue padre Casalone.
E poi si tratta di «favorire tutte le iniziative che diano continuità alle sue intuizioni nel campo del dialogo e della cultura, per costruire ponti tra posizioni diverse». Dialogo ecumenico, interreligioso e con i non credenti, riflessione sulla giustizia, promozione degli studi biblici anche attraverso borse di studio, «dialoghi a due voci» col mondo ebraico, collaborazioni accademiche.

«Ci sta a cuore tenere vivo il "metodo Martini", il suo stile di comunicazione e formazione, impregnato della pedagogia e dello spirito ignaziani, fondato sulla Parola e diretto alle coscienze». Bergoglio e Martini, due personalità diverse e insieme due «figli» di Sant'Ignazio. «Un aspetto tipico della Compagnia è valorizzare le caratteristiche particolari di ciascuno per orientarle al maggior servizio del Vangelo». Del resto «entrambi realizzano un tratto centrale dell'identità dei gesuiti, essere contemplativi nell'azione: rimanere in contatto con il mistero di Dio, per discernere i segni che indicano il Suo operare».
E poi c'è una «convergenza profonda» nell'essenziale, conclude padre Casalone: «Il desiderio di una Chiesa missionaria che esca da sé per inoltrarsi nelle zone oscure dell'esperienza umana fino alle periferie, per rispondere alla fame di pane e di senso della gente. Una Chiesa capace di scaldare il cuore e incontrare tutti, testimoniando la prossimità e la misericordia di Dio. Per usare le parole di Martini: "L'episcopato come sacramento della strada: percorrere le strade degli uomini, ascoltando e portando la fede e la speranza che è in noi"».

Intervista a p. Carlo Casalone SJ, Presidente della Fondazione Martini,
di Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera, 30 agosto 2013