Quando, qualche giorno fa, mi è stato chiesto di scrivere un ricordo del cardinale Martini, mi sono venute in mente innumerevoli istantanee: il Cardinale ospite della FUCI all’Ambrosianeum all’inizio dell’anno accademico 1989; la veglia di preghiera il 29 gennaio del 1991 alla vigilia della prima guerra in Iraq con il Duomo gremito di giovani che per la prima volta nella loro vita vedevano l’Italia entrare in guerra - e il Cardinale ci aveva parlato dell’intercessione, di “mettersi in mezzo fra le parti in conflitto” in atteggiamento orante; le veglie “in tradizione Symboli” il sabato sera, prima della domenica delle Palme; la Cattedra dei non credenti ospitata all’Università Statale, dove studiavo; l’appuntamento fisso del primo giovedì del mese con la Scuola della Parola, in Duomo, in Sant’Ambrogio e anche in San Lorenzo; o, ancora prima, il ritratto del Cardinale appeso in fondo alla classe accanto a quello di Giovanni Paolo II nella scuola media cattolica che frequentavo all’inizio degli anni ’80.
Ricordi sin troppo personali o momenti ampiamente citati, che cosa potrei aggiungere? Poi sul comodino quella sera ho visto il calendario liturgico ambrosiano.
Ecco, questo è il mio ricordo permanente del Cardinale. Alla Scuola della Parola il Cardinale ci ha fatto scoprire la Bibbia come libro di preghiera, esigente, sempre nuovo. Da allora l’acquisto del calendario liturgico ambrosiano all’inizio di settembre per mia madre, per mia sorella e per me è diventato un gesto irrinunciabile. Quel librettino mi ha accompagnato ovunque, infilato nella Bibbia o nella Diurna Laus, da quando la Bibbia è emigrata su supporti meno analogici, negli anni in Germania, fedele alla liturgia ambrosiana anche in una lingua diversa, lontana da Milano. E quando ho letto che il Cardinale ha continuato a pregare secondo il breviario ambrosiano e a seguire il calendario liturgico ambrosiano anche negli ultimi anni, a Gerusalemme, mi è scappato un sorriso.
Monica Rimoldi, Milano 27 agosto 2013