«Poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini»: così il cardinale Carlo Maria Martini, allora arcivescovo di Milano, definì David Maria Turoldo durante il funerale da lui celebrato l'8 febbraio 1992. Pochi mesi prima, nel 1991, il cardinale aveva conferito al padre servita il "Premio Giuseppe Lazzati”, elogiando il ministero profetico da lui svolto con abnegazione instancabile e ammettendo che «la Chiesa riconosce la profezia troppo tardi».
Una preziosa occasione per riscoprire e approfondire la figura di Turoldo, religioso e poeta, partigiano e precursore del Concilio, è data ora dal centenario della nascita (22 novembre 2016). Per questa ricorrenza la Rai ha realizzato un documentario, nell'ambito della serie "Italiani", dedicato al religioso servita, in cui compare anche una testimonianza del cardinal Martini. Il documentario va in onda martedì 22 novembre alle 22.10 su Rai Storia.
Martini, in un discorso per il decimo anniversario della morte di Turoldo, aggiunse altri elementi che fanno intuire un rapporto fatto di stima e reciproca ispirazione: «Cristiano autentico, quindi con le sue ombre, le sue luci, i suoi deserti, le sue terre promesse, come un cristiano che cammina faticosamente nella fede e nella speranza e non ha paura di ammetterlo; (...) uomo vero con tutta la passionalità, l’intensità, la paura di sbagliare, con tutti gli errori propri di chi cerca la sua via giorno dopo giorno e non se ne vergogna e sempre si riprende, si lascia rilanciare dalla bontà di Dio. (...) Uomo di amicizia, di entusiasmi, di ire e di affetti molto profondi. E perché profondamente umano, capace di dire con parole autentiche ciò che gli vibrava dentro, il vulcano che gli sgorgava dal cuore, la lava magmatica che gli usciva dalle viscere, l’intuizione del mistero del bene e del mistero del male, il suo essere affascinato da Dio e insieme spaventato dall’abisso del nulla. Una personalità, quella di padre David, che ci è stata data in dono senza che riusciamo ad approfondire pienamente i contorni, come lui stesso non riusciva a conoscersi fino in fondo. Sempre inquieto, sempre tormentato, sempre bisognoso di vedere, dietro l’apparenza del bene, il possibile inganno, l’equivocità, il doppio pensiero; sempre un poco sospettoso, dopo avere capito quanto molteplici siano le forze del male, dell’infingardaggine. Così sento di lui, della sua grande figura».